È molto noto un testo del 1969 in cui Joseph Ratzinger profetizzava un futuro assai difficile per la Chiesa. “Dalla crisi odierna – diceva tra l’altro – emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi”. E ancora: “Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa”. Alla fine, però – concludeva – “la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte”.
Meno conosciute sono le parole del teologo Romano Guardini “sulla religiosità dei tempi futuri”. Si trovano nel volume “La fine dell’epoca moderna”, pubblicato nel 1950. Mi piace ogni tanto tornare a rileggerle.
“La fede cristiana stessa dovrà acquistare nuova risolutezza. Anche la fede deve uscire dalle laicizzazioni, dalle analogie, dalle mezze misure e dalle confusioni. E qui, mi sembra, una grande fiducia ci è concessa… La condotta cristiana dovrà avere in modo particolare i caratteri della fiducia e della forza.
La solitudine nella fede sarà tremenda. L’amore scomparirà dalla condotta generale (Mt. 24, 12). Non sarà più compreso, e diverrà tanto più prezioso, nel suo passare da un solitario ad un altro solitario: forza del cuore che discende immediatamente dall’amore di Dio, quale si è rivelato in Cristo. Forse si farà una esperienza tutta nuova in questa carità: della sua sovrana originalità, della sua indipendenza dal mondo, del mistero del suo supremo perché. Forse la carità acquisterà una profondità d’intimità mai prima esistita”.